Da Cagnaccio ai Pesce Balla

Nel XX° secolo la produzione di cataloghi e libri d’Arte raggiunse livelli inimmaginabili. Ci fu anche un gran numero di esemplari senza valore, di carattere paesano, pubblicazioni delle quali niente si sa o poco e, per fortuna, introvabili sul mercato. Si tratta di testi scritti da personaggi di infimo profilo, senza una minima istruzione, esseri che si buttavano in qualsiasi avventura pur di accaparrarsi un pasto. Tuttavia, libri privi di apparati critici, senza biobibliografie, a volte mancanti di indici dei nomi e dei numeri di pagina, compaiono nel Dizionario essenziale dell’Arte Italiana del Novecento (a cura di Aurelio Morbinoni, Edizioni del Bernino, Nizzolo, 2001). Tra le tante segnaliamo le seguenti edizioni.

Giovanni Paolo Pannini (1691 – 1765), Galleria del cardinale Silvio Valenti Gonzaga (1749)

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Incontri possibili

A Correggio in Piazza Francesco c’era la  curiosa sartoria Soffici dove si davano appuntamento artisti più o meno coetanei.

Maso di Banco allestiva le vetrine e Lucio Fontana andava a farsi cucire i tagli da Andrea del Sarto. Del Guercio invece la evitava perché spesso era frequentata dal Guercino.

Qualche volta capitava che qualcuno portasse prelibati piatti, Sebastiano Ricci arrivava con degli spaghetti e Francesco Cozza con dei gamberi.

Il Sodoma vi passò per assaggiare un Parmigianino sul Carpaccio.

Antonio Badile, amante di Antonio Campi, un giorno disse che a Brindisi dei Soldati armati di Tamburi e Pistoletto stavano sparando a Paolo Uccello con delle freccette di Antonio Balestra.

Pietro Bracci, dai gambi corti, replicò: “Füssli che Füssli la volta bona!”.

Un giorno un uomo Aalto e Nigro venne a bottega e raccontò la storia di un Cantatore Greco al quale mancava una Rotella e di un manipolo di guerrieri sulla Costa del Fiume che dicevano che ci sarebbe voluta la protezione di Angeli custodi e la cura di Dottori. Si fermarono sotto un Albers mangiando Del Pezzo di Pomodoro e del Nespolo. Sopra un Sassu il Paladino Clemente incise con ferri di Fabbri le parole: “Che Dio ci Guidi”. All’improvviso giunse una Vedova in Bianco urlando: “State attenti che il Burri non si Cagli!”

L’apoteosi fu raggiunta durante una gran festa quando Botticelli esclamò: “Che Bellini quei Martelli in Lega di Bronzino!”.

Il Pollaiolo volava su Jacopo della Quercia, felice di aver messo Radice in profondità.

Fuori, dal Piazzetta al Canaletto, ci passava un Lotto.

Medardo Rosso, che ne aveva abbastanza di Rosso Fiorentino, considerava le manine di Segantini troppo piccole per i polsi di Tiberio Calcagni.

Ma ci fu una gran confusione quando si scoprì che Andrea Sacchi se la faceva con lo Squarcione.

Afrorismi… sull’Arte

John Tenniel - Il the del Cappellaio Matto
John Tenniel – Il the del Cappellaio Matto

Il critico esterofilo: c’è Del Guercio in Danimarca.

Arnaldo Pomodoro non ha il senso di polpa.

Le mele di Andrea Del Castagno, i cavalli di Paolo Uccello.

Una volta volevo acquistare un Duchamp ma non avevo sufficiente denaro. Allora l’ho venduto.

Galleria illuminata: la Pilat di volta.

Le cuciture dello Squarcione, i numeri di Lorenzo Lotto.

Meglio Pardi che mai.

I cassetti di Maso di Banco, l’incarnato del Carpaccio.

La leggerezza di Sebastiano Del Piombo, i fianchi di Guido Reni.

Il verde di Rosso Fiorentino, il giallo di Remo Bianco.

Le galline di Collodi fanno le uova di legno.

Se son Pancrazzi non li vogliamo.