La Festa (poesie inedite)

Le sale

hanno facce in colori come teli
su cui si danno i film dentro le sale,
i tipi nelle strade lungo i muri.
e vanno negli spazi avantindietro
uguali a stringhe che di foro in foro
allacciano le scarpe in qualche modo,
attorno al duomo in marmo a vene rosa,
pensando forse manca qualche cosa.

 

La fede

e non si estirpa mai la fede eterna,
è il maggiore mistero che sia noto
e qualunque violenza infine è poco.
la truculenza ha varie fantasie
tra lame, corde e raffiche di spari
pure i persecutori fanno pena,
non sanno proprio più che male ordire
che tanto, come ruote con i buchi,
si afflosciano le loro arcaiche mire.

Twett

somiglio a una maniglia della porta
in strada, dalla parte dell’esterno,
se preso per la nuca, sono servo,
mi pagano coi geli dell’inverno.

 

La festa

il mare è un giardino di colori,
quello che non affonda festeggiando,
in cui stare tra vele e pesci veri.
tintinna tutto quanto sa ballare,
da somigliare a un nugolo di stelle
fatte con celestiale scatolame
fra il tiremolla goffo delle onde,
dove è rimessa a nuovo la balena
che, lustrata, glorifica la scena.

 

Il sacco

il cielo me lo sento sulla schiena
come un sacco che è pieno e che mi pesa,
lo tolgo quando è sera ed è un’impresa.
ed il giorno è un bastone precettore
che m’insegna a che modo stare al mondo,
in cui ci resto dentro bene o male:
la notte è dolce come un ospedale.

 

Il confine

non è caduto il muro di berlino
perché il comunismo si era spento.
era come le dighe dell’olanda
sfondate dall’umano firmamento.
inizia lì il realismo terminale,
che vuole che si ammucchi il mondo intero,
di genti a teste basse come tori
lanciate sul confine a mo’ d’imbuto
e come indiani vinti da specchietti,
sugli oggetti, ci calamita il fiuto.

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