Giuseppe Novello e Il Guerin Meschino

Giuseppe Novello (Codogno 1897 – 1988) è stato uno dei più grandi disegnatori umoristici italiani del Novecento, le cui vignette hanno varcato i confini nazionali, per confluire in libri, albi e riviste, tedesche, spagnole e francesi.

Nel 1929 grazie al successo di La guerra è bella ma è scomoda, 46 tavole – come la 46° compagnia del battaglione Tirano di appartenenza di Novello durante la Ia Guerra Mondiale, dove fu ufficiale degli Alpini e con il testo di Paolo Monelli (Fiorano Modenese, 1891 – Roma,1984) col quale per lungo tempo ha condiviso numerose imprese editoriali -, approda al «Guerin Meschino» fra i maggiori giornali umoristici del tempo, in un periodo nel quale dopo le leggi emanate dal Fascismo dal 1922 al 1925, per limitare la libertà di stampa, era difficile fare satira di impegno politico e la maggior parte dei giornali umoristici si dedicava a quella di costume.

Nella Guerra è bella ma è scomoda il disegno di Novello è sintetico, calligrafico e brulicante, ricco delle figurine caricaturali degli alpini, di intensa stilizzazione, simili alle figurine di Attilio Mussino comparse sul «Corriere dei Piccoli» negli anni della Grande Guerra. A metà del 1929 Novello inizia la breve collaborazione (un semestre circa) al «Guerin Meschino» la storica rivista umoristica milanese fondata nel 1882, che ha avuto fra i suoi disegnatori Luigi Conconi, Amero Cagnoni, Aldo Mazza, Giuseppe Russo (Girus),  Giovanni Manca, Vellani Marchi, e molti altri maestri ed amici di Novello.

Il ritorno del Parini

La prima tavola di Novello sul «Guerin Meschino» compare nel numero del 9 giugno 1929, ed ha per titolo Il ritorno del Parini. La tavola satireggia le esuberanze atletiche contemporanee del giovin signore: aeroplano, moto, sci, calcio. Un disegno molto ricco di movimento, a più quadri, con il giovin signore e la caricatura del Parini e la didascalia: «Mi rallegro giovane signore della mollezza ben guarì… Piuttosto mi spiacerebbe che, per troppo ardore, ora cadesse nell’eccesso opposto».

Dopo l’abolizione dei concorsi di bellezza

Il 16 giugno Dopo l’abolizione dei concorsi di bellezza, un disegno bipartito prima fanciulle discinte, poi con lunghe gonne, didascalia: «Le Ex-Reginette- Basta le gonne un po’ più in giù per concorrere ai premi di virtù».

Sul campo di battaglia derattizzato

Il 30 giugno, Sul campo di battaglia derattizzato, interno novelliano con personaggi che si turano il naso e cercano ogni dove (nel pianoforte, sotto e sopra l’armadio…) un topo morto. Didascalia: «Il disperso».

Le nuove vetture tranviarie

Il 7 luglio Le nuove vetture tranviarie, scienza bipartita, in alto una signora obesa con la testa impigliata nella porta di entrata e in basso il pigia pigia dei passeggeri in uscita sparati verso il cielo. Battuta: «Caricamento e sparo: ecco i momenti del nuovo tram da 420». Così per una trentina di tavole per un semestre, a commentare gli avvenimenti del tempo. La didascalia o la battuta è spesso in strofette a rime baciate o alternate al modo del «Corriere dei Piccoli» e in particolare del Signor Bonaventura di Sergio Tofano-Sto (1886 – 1973); personaggio nato dalla mente di Sto nel 1917.

I musei a sbafo

Altro esempio oltre a quelli già citati sopra: «I pesci, il pan moltiplicato hai / Ma il pubblico così, Maestro, Mai!» (Musei a sbafo, 4 – 8 – 1929). Il disegno riproduce un esilarante e caotico pubblico davanti all’Ultima cena di Leonardo. Questo uso delle rime andrà a perdersi nelle battute e didascalie degli anni successivi. Il buon Todde del suo volume ci avverte: «A Novello però, il compito di commentare settimanalmente gli avvenimenti della cronaca o della politica, milanesi o nazionali, non è né congeniale né gradito: Novello punta sul costume (vedi le due tavole per L’Almanacco sonoro e cantato del Guerin Meschino, supplemento al n. 50 del 15 dicembre). La conclusione è che Novello dopo sei mesi, viene “congedato”: “Sono stato licenziato per scarso rendimento” dice, abbassando gli occhi con l’aria di uno scolaro bocciato agli esami. Ma aggiunge subito: “In seguito (dopo l’uscita – fortunata – del Signore di buona famiglia) hanno insistito perché tornassi. Ho detto di no”». Collabora brevemente al «Giovedì» e poi dal 1932 al «Fuorisacco», supplemento della «Gazzetta del Popolo», fino al 1939.

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